EVOLUZIONE DEL DIRITTO DI PREVENZIONE


Un grande italiano, nel 1700, ha affermato un principio di altissima importanza nel campo della tutela del lavoratore che "longe praestantius est praeservare quam curare": BERNARDINO RAMAZZINI. Il Ramazzini, con la sua opera "De morbis artificum dietriba", indica una nuova via alla medicina, divenendo il precursore di un risveglio scientifico e dottrinale che ha portato alla legislazione protettiva del lavoro. I rischi di malattie professionali erano noti. Le opere di Ippocrate rivelano le malattie di tessitori e sarti; Galeno parla di altre malattie professionali; Plinio delle malattie degli schiavi; Avicenna descrive la colica da piombo; Geoog Agricola le malattie dei minatori dell'Evo Medio. E ancora Falloppio, Vesalio da Cesalpino, Malpighi, Morgani trattano delle lavorazioni e delle materie che danno luogo a malattie. Solo Ramazzini, con acute osservazioni scientifiche, indagò approfonditamente su rischi dei mestieri del tempo e sulle tecniche utilizzate. Studiò l'ambiente di lavoro, gli strumenti e gli arnesi, gli orari lavorativi, le inalazioni, le polveri, i gas, i vapori, gli odori, l'illuminazione, i cambiamenti di temperatura, le posizioni coatte, gli sforzi, l'inadeguatezza e l'irregolarità dell'alimentazione ponendo in luce il nesso eziologico tra lavoro e malattia professionale. Oltre ad essere il fondatore della medicina del lavoro, Ramazzini fu il primo a porre in luce il carattere prioritario della prevenzione rispetto all'intervento riparatore successivo. Il problema della prevenzione venne con lui finalmente impostato in termini esatti. Ma tali generali intuizioni dovettero restare ancora per altri due secoli misconosciute. Ciò sia per la minore drammaticità che esse, con il loro decorso gravemente nocivo, ma in genere poco appariscente, presentano nel corso degli infortuni; sia per le difficoltà di far risalire all'industria la loro responsabilità per il carattere interno delle malattie, la tardiva manifestazione dei sintomi, la possibilità di una pluralità di cause; sia per l'impossibilità pratica di farle risalire ad un determinato imprenditore, o ripartirle tra più di uno data la mobilità degli operai e la lunga durata dell'instaurazione delle tecnopatie.

Soltanto con l'avvento del cristianesimo vediamo affermarsi la carità. Con la dottrina di Cristo comincia per l'umanità un'era nuova. Il fondamento del Evangelo è lo spirito di carità. Paolo, dopo aver indicato le tre virtù cristiane, fede speranza e carità, non esita ad affermare: "maior autem horum est charitas".

Inizia così a svolgersi la gigantesca opera della Chiesa in favore dei diseredati, dei più esposti al rischio e all'indigenza. Anche i rapporti tra padrone e lavoratore subiscono una modificazione. Vero è che alle origini non vi era il riconoscimento di un diritto legale di credito del lavoratore diseredato nei confronti del padrone, ma di un dovere dei possidenti verso Dio. Comunque l'influsso non solo su un piano individuale ma collettivo del pensiero cristiano nel campo del lavoro fu enorme. Le cattedrali erette alle origini del cristianesimo presentano i segni che provano la preoccupazione dei costruttori di evitare gli infortuni. Le costruzioni mostrano buchi di bulino destinati a sostenere nella muratura l'impalcatura per le successive opere di restauro.

Pertanto, se i costruttori di Roma predisponevano misure di prevenzione per le squadre che successivamente avrebbero lavorato sull'opera, è certo che prendessero adeguate precauzioni anche per se stessi. La presa di coscienza da parte dell'uomo del problema della prevenzione matura parallelamente al cammino della tecnica. La sicurezza nel lavoro venne praticata per lunghi secoli su un piano individuale; lentamente divenne più cosciente, più adeguata alle esigenze, più organizzata. Con il trasformarsi del lavoro da essenzialmente individuale a lavoro di gruppo, a lavoro collettivo, anche la prevenzione diventa un problema sociale collettivo e conquista il suo posto nella storia della società. Assai prima che una vera e propria legislazione sociale si formasse nell'età moderna, già numerose disposizioni di carattere prevenzionale si rinvengono nel Medio Evo. Nel cuore del duecento con l'affermazione impetuosa ed innovatrice dell'organizzazione delle forze della produzione e del lavoro, nuove forme di tutela si svilupparono con le corporazioni di arti e mestieri. I commercianti e gli artigiani si riuniscono in associazioni corrispondenti ai vari generi di attività da essi svolta, intendendo organizzare e difendere i loro interessi comuni. L'organizzazione corporativa è diretta in primo luogo a regolare i rapporti di lavoro tra il principale della bottega artigiana o delle imprese commerciali ed i suoi dipendenti. Poiché il sistema di produzione dell'epoca è il sistema artigiano, la regolamentazione del lavoro assume spesso un carattere minuzioso e al tempo stesso familiare. I rapporti tra padrone e operaio si svolgono in patriarcali comunità di vita, entro le pareti della bottega ove si producono quei beni in cui si espresse in quell'epoca la genialità artistica particolarmente degli Italiani. Se poi la bottega è la stessa del principale, i rapporti di lavoro hanno una disciplina quasi domestica regolata e tutelata dalle corporazioni. Le norme relative al garzonato e all'apprendistato stabiliscono la carriera e gli obblighi dell'operaio, e i doveri e gli oneri del maestro, secondo i principi sanciti dalle corporazioni. Gli statuti di tali corporazioni si preoccupavano spesso di salvaguardare la salute di alcune categorie di lavoratori. In particolare i più deboli, i vecchi, le donne e i fanciulli impiegati nelle botteghe e nelle officine. Sulla finalità di assistenza e di tutela delle corporazioni fa luce un importante documento, che costituisce il primo scritto giunto fino a noi della sollecitudine dei maestri verso i compagni e apprendisti nelle corporazioni dei vetrai, dei tagliatori di pietre, dei falegnami, dei carpentieri, ecc.: si tratta della lettera autografa di Carlo IX che nel 1566 approvando lo Statuto dei copritetto prescrive delle misure di sicurezza, la cui inosservanza è sanzionata con delle ammende destinate al sostentamento dei lavoratori vittime di infortuni per caduta dall'alto di costruzioni.